I bignè all'olio di nonna
Oggi rivendico il mio diritto di scrivere di cibo attraverso le ricette e i ricordi che ho di mia nonna.
La cucina delle nonne ha qualcosa di magico. Ciè che mettono in tavola, o che conservano in dispensa, non è mai solo cibo: è amore, è cura, è un concentrato di storie di famiglia e tradizioni locali.
Da piccola ero convinta che la cucina di nonna fosse di gran lunga superiore a quella di mia mamma: le sue bracioline rifatte al pomodoro, i suoi fagiolini in umido e il suo pollo arrosto erano ineguagliabili. Ripensando alla mia infanzia, anche con gli occhi di un’adulta mi rendo conto che era così: dopo tutto mamma stava ancora imparando a cucinare e, ancora oggi, preferisce leggere e fare giardinaggio che cucinare.
Però, adesso, per i corsi e ricorsi della storia, Livia preferisce la pasta al pomodoro di mia mamma, il suo purè di patate, e persino il suo riso in bianco al burro… al mio. Non credo sia una questione di ingredienti o di ricetta: è che lei ora è sua nonna, ha acquisito uno status speciale, e già questo basta a rendere tutto quello che cucina buonissimo.
Negli ultimi anni ho letto tante invettive sul ruolo delle nonne nella narrazione del cibo italiano, e del cibo tradizionale in generale. Fare riferimento alla figura della nonna è spesso considerato un cliché: l'immagine di una nonna in piedi davanti ai fornelli—col suo grembiule un po’ logoro, che mescola con un cucchiaio di legno una pentola di ragù, o che stende la frolla per una crostata alla marmellata—è talmente iconica da diventare noiosa per il troppo uso, o per un uso fatto a sproposito.
Ma ciò che sfugge a queste critiche è la profondità che si cela dietro questa immagine. Per molti di noi, la nonna non è solo una figura del passato, un personaggio nostalgico. È il collegamento vivo e vitale con uno stile di vita e un insieme di tradizioni che rischiano di scomparire. Ho scritto un intero libro sulla Cucina Povera—il modo di mangiare antico e allo stesso tempo estremamente moderno tipico della cultura gastronomica italiana—basato sui principi che ho imparato negli anni da mia nonna, passando del tempo con lei in cucina, o semplicemente osservando il rispetto che ha sempre dimostrato nei confronti del cibo, degli ingredienti, anche i più umili.
E se il mio non fosse un cliché, un agganciarsi facile e svogliato a una tradizione preconfezionata? E se avessi davvero ereditato l'amore che ho per la cucina da mia nonna? E se fossi davvero così grata ogni giorno perché ho avuto la fortuna di vivere accanto a lei per tutta la vita, arrivando a festeggiare insieme il suo 96° compleanno proprio lunedì scorso?
Quindi oggi, oltre a condividere una ricetta di bigné all’olio, sono qui anche per rivendicare il mio diritto di scrivere di cibo anche attraverso le ricette e i ricordi che ho di mia nonna.
Mi rendo conto che non tutti sono cresciuti con una nonna accanto, o che non tutte le nonne avevano magari una passione così forte per la cucina da influenzare i nipoti. A tal proposito, una volta dissi a nonna: nonna, ma ti rendi conto che grazie a te faccio quello che faccio oggi? Mi hai dato gli strumenti, o l’ispirazione, per costruirmi il mio lavoro dei sogni. E lei, prosaica come sempre: mi spiace, se non era per me potevi essere in ufficio e magari durare meno fatica!
Ora, poi, la situazione è ancora più diversa: spesso i nonni sono lontani, o sono ancora a lavoro, o magari si fanno figli più tardi e i nonni sono sono più in grado di accudire i nipoti. Non voglio entrare qui nel merito di quello che dovrebbe fare lo stato e che invece è spesso demnadato all’iniziativa delle famiglie e alla rete familiare di supporto, ma proprio per questo, se abbiamo dei ricordi affettuosi di una nonna che ci ha insegnato a cucinare, dovremmo tenerceli stretti, e non vergognarcene come talvolta vorrebbero farci credere.
Ogni volta che nonna mi ha insegnato una ricetta, non si è mai limitata a darmi solo gli ingredienti e le istruzioni. Mi ha sempre raccontato anche la storia che c'è dietro, il piatto giusto in cui servirla, l'occasione speciale da festeggiare e anche aneddoti divertenti. Mi ha mostrato come mescolare la crema pasticcera—lentamente, con un cucchiaio di legno, solo in senso orario—, quando aggiungere il sale, e perché.
Mi ha trasmesso le sue ricette, ma anche quelle che qualcun altro le aveva passato nel corso della sua vita. Ogni volta aggiungeva qualche informazione sulla donna—perché erano sempre donne—che stava dietro a un piatto: una sua parente, una vicina di casa, o una di quelle donne che andavano di fattoria in fattoria ad aiutare in cucina nel momento della trebbiatura o della vendemmia, quando il numero degli ospiti a tavola aumentava. Una ricetta non è solo una ricetta, ma una chiave di accesso a un momento passato, che rivela storie di matrimoni, lavori in campagna, riunioni di famiglia e brevi viaggi che, a metà del secolo scorso, sembravano avventure in luoghi lontani.
Ogni ricetta è una pagina del suo libro della vita, un pezzo del ricco patrimonio culinario toscano che lei mi ha tramandato, assicurandosi che queste tradizioni non vengano dimenticate.
Se devo trovare una sola ragione per continuare a scrivere qui in questa newsletter o sul blog—oltre alla soddisfazione che provo nel condividere le ricette con voi—è questo enorme archivio di ricette di famiglia che sto costruendo lentamente da più di 15 anni, e che spero di conservare per gli altri membri della nostra famiglia. E lo faccio soprattutto per Livia, perché possa imparare a conoscere un pezzo della storia della nostra famiglia, e magari un giorno possa condividere queste ricette e questi ricordi con la sua famiglia, mantenendo vive le nostre tradizioni.
Ora mi piacerebbe sentire le vostre storie di ricette di famiglia. Provate a fare questi bignè e fatemi sapere come sono venuti. Avete avuto una nonna, un familiare, o qualche altra figura che ha ispirato il vostro amore per la cucina?
I bignè all'olio d'oliva di nonna
La ricetta di oggi è molto simile a quelli che erano i bignè all'olio di mia nonna. Erano un successo a ogni festa di compleanno o riunione di famiglia, spesso richiesti appositamente da chi veniva a trovarci: giganteschi bignè riempiti fino all'orlo con una crema pasticcera densa e profumata di limone. Bisognava sedersi e afferrarli con entrambe le mani, sporgendosi con attenzione in avanti per avere una superficie sicura su cui far cadere la crema pasticcera: meglio un piattino che la camicia.
Come molte ricette nate nella campagna toscana, questi bignè sono preparati con olio d'oliva—sempre e solo extravergine—anziché con il burro, utilizzato invece nella versione tradizionale francese. L'olio d'oliva conferisce ai bignè un inconfondibile aroma fruttato e li rende adatti anche a chi, come me, non mangia latticini (in questo post d'archivio ho raccontato le ragioni del mio addio ai latticini).
Nonna ha perso la ricetta originale anni fa—l’aveva scritta con la sua calligrafia fiorita e sempre un po’ incerta su un fogliettino finito chissà dove—ma nel 2013 abbiamo passato un pomeriggio a lavorare insieme in cucina per ricreare la sua ricetta e ci siamo avvicinate molto. Quest'anno, per festeggiare il mio quarantatreesimo compleanno a luglio, ho ripescato quella ricetta dall'archivio del blog e l'ho migliorata ulteriormente. Sono venuti fuori i bignè all'olio dei miei sogni.
Se i bignè di mia nonna erano già privi di latticini, lo stesso non si può dire della crema pasticcera, solitamente preparata con latte intero, a volte anche con la panna. Seguendo la ricetta della mia amica pasticcera Emanuela, ho realizzato una versione con latte d'avena, aromatizzata con vaniglia e scorza di limone, che ora è la mia ricetta di riferimento per la crema pasticcera senza latticini.
RICETTA - BIGNÈ ALL’OLIO CON CREMA AL LATTE DI AVENA
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