Lettere dalla Toscana

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Il sapore della Pasqua nella mia cucina

Il sapore della Pasqua nella mia cucina

Alcuni dei miei rituali pasquali preferiti e una ricetta per i tortelli di patate e carciofi che potrete congelare e gustare quando vorrete.

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Giulia Scarpaleggia
apr 18, 2025
∙ A pagamento
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Il sapore della Pasqua nella mia cucina
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Si parla tanto del Natale—le lucine scintillanti, l’abete che profuma di resina, i biscotti decorati, i libri per bambini, i ricettari, le riviste patinate, mesi di attesa e preparativi—ma quasi nessuno racconta delle gioie della Pasqua, meno sgargianti ma altrettanto significative nell’alternanza delle stagioni.

Al di là del significato religioso, ho sempre avuto un debole per la Pasqua. È una festa che celebra la nuova stagione, il risveglio della natura: il verde tenero delle prime foglie, i boccioli che esplodono in fiore, i primi pranzi in giardino con gli amici o, con un po’ di ottimismo, un picnic di Pasquetta (anche se, diciamocelo, quasi sempre piove). Da bambina, era anche il giorno in cui finalmente potevo rimettere il cappottino primaverile, o magari una camicetta bianca con il colletto ricamato. Che emozione in quegli strati leggeri dopo mesi di lana e sciarpe!

I nostri ramoscelli d'ulivo e la chiesetta di campagna di Strove

Oggi, le mie gioie della Pasqua ruotano quasi tutte attorno alla tavola, e a una manciata di semplici tradizioni di famiglia.

Tutto comincia la Domenica delle Palme, quando andiamo in giardino a cercare i rametti d’ulivo più belli da portare a Messa per farli benedire. È il momento perfetto per farlo: nelle settimane precedenti abbiamo potato gli ulivi, e in un angolo remoto del campo ci sono ancora mucchi di rami che aspettano di essere bruciati. Il profumo delle foglie d’ulivo che bruciano lentamente in un giorno grigio di pioggerella sottile è uno di quegli odori che ti restano impressi nella memoria.

Quest’anno siamo andati a Messa in una piccola chiesa di campagna a Strove, a pochi minuti da casa lungo l’antica Via Francigena. Fuori piovigginava, ma l’aria era pervasa dal profumo intenso e floreale di un glicine in piena fioritura. Dentro, la chiesa era calda e accogliente, solo un piccolo gruppo di persone raccolte insieme, ognuna con un mazzo di rametti d’ulivo in mano. I parrocchiani abituali, guidati dal vecchio parroco, intonavano inni antichi, le voci che si alzavano e si abbassavano all’unisono, senza accompagnamento musicale. Sembravano conoscersi tutti da una vita, come se quella piccola chiesa fosse da sempre il loro luogo di ritrovo domenicale. Ho avuto la sensazione di entrare in un’altra epoca.

Ora, un rametto d’ulivo benedetto riposerà in ogni casa per l’anno a venire, uno anche nel nostro studio. Per me è un segno silenzioso di pace, di tradizione, e del ritmo lento delle stagioni.

In questi giorni siamo alla ricerca del cestino perfetto per portare le uova a Messa la mattina di Pasqua, per farle benedire. È un’altra tradizione che mi ha lasciato un ricordo indelebile… anzi, un gusto preciso sulla lingua: quello delle uova sode con un pizzico di sale. Per quanto adori le grandi uova di cioccolato, con la carta colorata che fruscia tra le mani e le sorpresine un po’ kitsch all’interno, continuo a considerare queste semplici uova sode il simbolo più autentico della Pasqua.

Una volta se ne occupava la mia nonna: le bolliva con cura, le sbucciava delicatamente e poi le sistemava in un piccolo cestino di ceramica, foderato con uno dei suoi tovaglioli ricamati. Poi, dopo qualche anno in cui le uova erano sempre troppo cotte—con il tuorlo verdognolo e quel profumo inconfondibile di zolfo, segno che mamma si era distratta con l’agnello in forno e i piselli che sobbollivano sul fuoco—ho preso io in mano la situazione. Da allora, sono io, la mattina di Pasqua, a immergere le uova nell’acqua bollente e a impostare il timer: nove minuti esatti, il tempo giusto per ottenere un tuorlo sodo ma ancora morbido al centro, cremoso senza essere liquido.

Dopo la Messa, portiamo le uova benedette a casa, le tagliamo a metà e le disponiamo su un vassoio da passare in tavola come antipasto, all’inizio del pranzo pasquale.

Le uova sono anche uno di quegli ingredienti che associo istintivamente alla Pasqua. Si trovano nella pasta fresca tirata per i pranzi delle feste, ricca e dorata, e nel nostro dolce tipico pasquale: la schiacciata di Pasqua. Il nome potrebbe far pensare a qualcosa di piatto, ma in realtà si riferisce al numero generoso di uova che vengono schiacciate nell’impasto. Il risultato è un lievitato dolce soffice, dalla mollica gialla, profumato con anice e rosolio di menta, un liquore d’altri tempi.

Oltre alle uova, non mancano mai le erbette di campo, per una bella insalata con consistenze e sapori diversi, e la ricotta—anche se quest’anno no, purtroppo—che in passato è stata il ripieno ideale per tanti ravioli pasquali. E poi ci sono tutte le verdure primaverili: asparagi e carciofi, pisellini freschi e teneri baccelli di fave. È un inno al verde, al nuovo, al tipo di cucina che sa d’aria fresca dopo l’inverno.

A Spring panzanella salad made for Match Pewter

Cosa cucinare a Pasqua?

Se avete Cucina Povera, troverete tantissime ricette perfette per la Pasqua: dalla vignarola (a pagina 50), uno stufato primaverile romano con carciofi, fave, piselli e lattuga, all’agnello cacio e ova (pagina 80), un piatto abruzzese ricco e saporito con uova e formaggio, fino agli gnudi di ortica e ricotta (pagina 151).

Se invece non avete ancora il libro, o se volete regalarlo a qualcuno che ama la cucina italiana, potete acquistarlo su Amazon o, ancora meglio, sostenere la vostra libreria indipendente di fiducia. Grazie di cuore!

Ecco anche una piccola selezione di ricette che potreste voler provare per celebrare la primavera.

  • Tortelli di carciofi e patate, piccoli scrigni di pasta che preparo spesso durante le cooking class. Trovate la ricetta qui sotto.

  • Panzanella primaverile, una ricetta che abbiamo sviluppato per Match Pewter. Ogni volta che al mercato compaiono i primi asparagi e le fave, capisco che la primavera è davvero arrivata, ed è il momento di preparare una panzanella verde. Ora, lasciatemi ricordare ancora una volta che la panzanella toscana tradizionale si fa con pane raffermo ammollato in acqua. Ma in questo caso mi piace infrangere le regole. In questa versione, tosto il pane a cubetti con un filo d’olio extravergine finché non sono dorati e croccanti, quasi come crostini, pronti ad assorbire tutto il buono che verrà. Trovate la ricetta qui.

  • Crespelle con asparagi e ricotta. La primavera è la stagione della ricotta fresca, delle uova abbondanti e degli asparagi sottili. Metteteli insieme in un piatto elegante e tradizionale come le crespelle, perfette come portata principale per il pranzo di Pasqua.

  • Muffin salati con fave, salame e pecorino. Fave e pecorino sono due sapori che nella tradizione toscana si trovano spesso insieme, un matrimonio felice utilizzato anche nei primi piatti e nei contorni. Se poi aggiungiamo anche qualche fetta di salame, quello rustico, coi grani di pepe e un sapore deciso, ecco la quintessenza del picnic toscano.

  • Garmugia, la zuppa più verde della primavera toscana. La garmugia è una di quelle ricette che si possono preparare solo per un brevissimo periodo dell’anno: quando sui banchi del mercato si trovano fave, piselli, asparagi e carciofi. Lavorare questi ingredienti richiede pazienza, ma quei minuti passati a sgranare i piselli e affettare i carciofi possono trasformarsi in una forma di meditazione in cucina, un modo per accogliere davvero la freschezza della nuova stagione.

  • Zuppa di piselli e pancetta alla menta. Sui banchi del mercato li vedi da lontano i pisellini freschi, sono il primo segno che la primavera sta arrivando. So che seguiranno giornate di sole, piatti più leggeri, fiori freschi nei vasi e camminate in campagna. In Toscana i pisellini freschi si mangiano ora, quando c’è anche l’aglio fresco: i piselli alla fiorentina sono un contorno stagionale classico. Gli inglesi, invece, abbinano spesso ai pisellini la menta, come nella onnipresente English pea soup, una colonna della loro tradizione gastronomica. Questa ricetta incrocia così due classici, trasformando un contorno toscano in una zuppa delicata.

  • Schiacciata di Pasqua. Questo pane dolce ha una forma a cupola, una superficie lucida e ambrata, e una mollica compatta e gialla di uova, profumata delicatamente con semi d’anice e rosolio, un liquore dolce alla menta. Il nome deriva dal verbo “schiacciare”, nel senso di rompere: servono infatti molte uova rotte per prepararla. Trovate la ricetta qui.

  • Zuccotto con biancomangiare alle fragole. Un dessert spettacolare della tradizione fiorentina con un tocco siciliano: un ripieno di biancomangiare punteggiato di fragole, che ricorda le venature terrazzo. Elegante, sorprendente, perfetto per la primavera. Trovate la ricetta qui.

  • Crostata fiorentina al cioccolato e semolino. Il cioccolato e il semolino sembrano due ingredienti che vivono vite completamente diverse. Il cioccolato è il protagonista dei dolci più scenografici: scuro, intenso, spesso riservato ai grandi. Il semolino, invece, sa d’infanzia, di cibo semplice, di coccole materne. In questa crostata si incontrano e si innamorano: due strati diversi ma ben bilanciati, racchiusi in un guscio di pasta frolla. Un dolce dal carattere casalingo, familiare, come ogni buona crostata fatta in casa.

Quali sono le vostre tradizioni di Pasqua? Mi piacerebbe conoscere i vostri ricordi, i vostri pranzi e le ricette che ogni anno tornano sulla vostra tavola. Scrivetemi nei commenti!

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E prima di passare alla ricetta, Buona Pasqua da parte mia e di Tommaso!

RICETTA - Tortelli di carciofi e patate

Ho preparato questa ricetta durante una delle prime cooking class della stagione, ed è stata subito un successo, tanto che anche Tommaso mi ha chiesto di rifarla presto. E così ho fatto, questa volta per un’occasione davvero speciale: la visita di Nicole Gulotta. Ci conoscevamo online da oltre dieci anni, e incontrarci finalmente di persona è stata una gioia pura.

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