Una cartolina dall'Ungheria, un guest post di Sarah Copeland
A raccogliere frutta sui monti Bakony dell'Ungheria centrale e un budino di pane alle mele
Ci sono due cose che considero un regalo meraviglioso e generoso. La prima è una bottiglia di olio extravergine di oliva, l'altra è una bella storia.
Oggi ho ricevuto in dono una storia molto emozionante e sono felice di condividerla con voi. È anche il modo migliore per introdurre la stagione autunnale qui nella nostra newsletter: mele, gite nella natura, dolci, una sensazione di caldo conforto in cucina.
L'ospite di oggi è Sarah Copeland. Probabilmente non ha bisogno di presentazioni, perché forse hai già incontrato il suo lavoro online, tra le ricette del New York Time, in libreria, o qui su Substack, dove scrive
, una delle poche newsletter di cui non perdo un numero, perché ogni storia e ogni ricetta mi sembrano un regalo prezioso.È anche autrice di Instant family Meals, Every Day is Saturday, Feast e The Newlywed Cookbook, e conduttrice della serie di Food Network, Every Day is Saturday, che ben raccontano la passione di Sarah per le splendide immagini, le ricette seducenti, e i piaceri semplici.
Ho scoperto la sua scrittura proprio qui su Substack, e in breve tempo è diventata una delle mie food writer preferite. La sua scrittura è onesta, fresca, vivida ed evocativa. È generosa nel condividere storie e ricette, luci e ombre della sua vita di donna, madre, chef e creatrice di ricette.
Le ricette che condivide sono il tipo di cibo che si desidera ogni giorno, che nutre e porta sole e conforto nella vita.
Ma quando leggo una delle ricette di Sarah, mi viene anche in mente il piacere di cucinare e condividere quel cibo. In realtà, è una di quelle autrici che vorresti chiamare amica - ho la stessa sensazione quando leggo Laurie Colwin - una persona con cui ti piacerebbe passare del tempo in cucina, a tagliare verdure, impastare il pane, stendere la pasta di una torta e chiacchierare.
Una delle caratteristiche più evidenti del modo in cui Sarah scrive è il forte senso del luogo, una caratteristica comune ai migliori food writer.
È questo che mi ha catturato subito, che mi ha attirato nella sua vita in Ungheria (all'epoca viveva in Ungheria con la sua famiglia) e poi a casa, in un piccolo villaggio a nord di New York.
Se vuoi approfondire il bellissimo rapporto di amore e rispetto che ha Sarah nei confronti dell'Ungheria, la patria di suo marito, puoi iniziare con alcuni dei suoi ultimi post: To Hungary, with Love, che ha portato anche a un servizio su Food&Wine, For My Family, Hungarian Summers Are As Sweet As Stone Fruit, oppure It's not August without Palacsinta, dolce e nostalgico.
Dopo questa breve introduzione al suo lavoro, puoi capire perché sono felice come non mai di condividere la sua storia e la sua ricetta con tutti voi.
La traduzione è mia, ma se vuoi assaporare la scrittura di Sarah in lingua originale, un po’ come per i migliori film nei cinema d’essai, più leggerla qui.
E ora a te, Sarah.
Molto tempo fa, prima di aver mai visitato la terra d'origine di mio marito, nelle montagne Bakony dell'Ungheria centrale, a due ore di distanza da Vienna e Budapest, trascorrevo i giorni di settembre a raccogliere mele in un frutteto locale del nord dell'Illinois, a 45 minuti dalla città di periferia in cui sono cresciuta. I miei genitori avevano trovato un frutteto a conduzione familiare in campagna, con corse nel fieno, ciambelle al sidro e una band country che suonava il banjo sul palco nei fine settimana. Come per molti americani, era una tradizione portarci a raccogliere le mele ogni autunno. Mangiavamo mele Macintosh, Jona-golds (le mie preferite) e Macouns finché il nostro stomaco non diventava e tornavamo a casa ore dopo, rimpinzati di torta di mele e sidro caldo, e con la promessa di una mela croccante e lucente nei nostri cestini del pranzo per settimane.
Queste piccole escursioni suscitavano la più incredibile sensazione di sicurezza e benessere; il frutteto era il mio luogo felice per eccellenza. Ma non passò molto tempo prima che assaporassi un altro tipo di gioia: l'emozione di trovare un albero da frutto, non importa se selvatico o coltivato nel giardino di un vicino, con i rami che penzolano da un recinto e che ti invogliano ad assaggiare. Di tanto in tanto, nelle giornate di fine estate, mi capitava di mangiare le susine mature e succose dei nostri vicini. In seguito, ho portato quest'abitudine in viaggio con me: cercando fichi che spuntavano da alberi troppo cresciuti in Grecia, uva selvatica che penzolava dai bordi della strada in Francia, e a New York, dove ho piluccato i gelsi non raccolti nei parchi cittadini e le ciliegie davanti ai palazzi residenziali di Brooklyn.
Alla fine dei miei vent'anni, ho incontrato mio marito, Andras, mentre le nostre vite convergevano a New York. Ognuno di noi aveva già trascorso quasi un decennio lì, vivendo e lavorando lontano da casa, io ad una manciata di stati americani di distanza, lui con un oceano di mezzo che lo separava dalla sua tranquilla vita di paese.
Durante la mia prima visita in Ungheria con lui, sono rimasta incantata dagli alberi da frutto che sembravano punteggiare ogni paesaggio. Una paradiso per un amante della frutta come me, solo che le attività di raccolta non erano finalizzate alla vendita, erano ovunque. La raccolta delle mele avveniva nel giardino di casa di tutti, nei villaggi, nelle piccole città e persino nei sobborghi. Non ero timida nel raccoglierne a cesti interi dal piccolo frutteto dei suoi genitori: ciliegie e fichi a luglio, prugne e mele cotogne a fine agosto, e Nyari alma (mele estive) e, più tardi, pere. Ma non ero ancora sicura dell’etichetta nei confronti delle prugne e dei meli selvatici che si trovano in tutti i parchi cittadini, nei cortili delle scuole locali e all'esterno degli edifici comunali. In Ungheria, soprattutto nei villaggi, i meli sono comunemente piantati nei cortili attorno alle case, il che significa rese elevate e frutti che sembrano essere lì, a disposizione di tutti i passanti.
Over the next 15 years, on summer trips to Hungary together (and later with our young kids, Greta and Matyas), I took to carrying a soft bag or two in the car or on my bike everywhere we went and filling my bag, often rather sheepishly, with any fruit it seemed no one needed or wanted. Year by year, I alternated between asking permission and gingerly grazing, taking one of two lovely bits.
Nei 15 anni successivi, durante i viaggi estivi in Ungheria insieme (e poi con i nostri figli piccoli, Greta e Matyas), ho iniziato a portare una o più borse morbide in macchina o in bicicletta ovunque andassimo e a riempire la mia borsa, spesso in modo piuttosto timido, con qualsiasi frutto di cui nessuno sembrava aver bisogno. Di anno in anno, mi alternavo tra il chiedere il permesso e cogliere con cautela un po’ di frutta, dando anche qualche morso delizioso.
Abbiamo imparato quali sono gli alberi più adatti: i meli selvatici slanciati sui monti Bakony su cui spesso camminiamo, l’albero alto fuori dalla scuola del villaggio, con le mele verdi, sode e aspre, che possiamo raggiungere solo saltando giù dal muro di pietra, le mele rosse rotonde e striate che costeggiano il fossato, fuori dalla vecchia casa fatiscente che una volta avrei voluto fosse nostra. E poi ci sono quelli che non tocchiamo, intorno alla casa appena ristrutturata all’angolo della piazza del paese. Quelle mele sono grandi, rotonde e allettanti ma vietate, tranne le poche cadute nel terreno che devono essere mangiate prima di essere sprecate fino a marcire dolcemente.
Queste mele selvatiche, trovate e raccolte hanno alimentato ogni anno le nostre gite estive, le lunghe passeggiate in bicicletta e le escursioni improvvisate che si protraevano oltre il tramonto. Le ho usate per portarmi dietro i bambini durante le commissioni (solo qualche minuto in più) e le ho infilate nella borsa per nutrire i cavalli e i maiali di una fattoria vicina dove andiamo a cavallo. Ma non sono mai stata abbastanza coraggiosa da raccoglierne a sufficienza per cuocerle, arrostirle, o trasformarle in salsa di mele.
Nell'autunno del 2022, Andras e io abbiamo trasferito tutta la famiglia dalla nostra casa a nord di New York al suo villaggio d'infanzia in Ungheria per una parte dell'anno, dove stiamo lentamente restaurando una piccola casa in pietra dalle macerie del tempo. Lì i nostri figli avrebbero potuto andare a piedi alla scuola del villaggio, parlare la lingua dei loro antenati e pranzare ogni giorno a casa della loro Nagymama (nonna).
Quando agosto è diventato settembre, abbiamo sostituito le more e le prugne con mele e pere. Abbiamo trovato un ritmo: mandavo i bambini a scuola, mettevo su una pentola di zuppa, poi mi sedevo a scrivere. A mezzogiorno suonava la campana della chiesa e mio figlio saltava il recinto di pietra, prendeva una mela verde (da quello che ora era il melo della sua scuola) e correva a casa per il pranzo con Nagymama, seguito da un po’ di coccole con me.
Dalle grandi finestre della mia camera da letto, guardavamo i suoi amici del villaggio che salivano sull'autobus urbano per andare al doposcuola (il governo fornisce l'assistenza completa alle famiglie che ne hanno bisogno). Poi, io e lui salivamo sulla nostra piccola Renault e ci recavamo nella città più vicina, dove sua sorella maggiore frequentava la scuola media. Con un'ora di tempo a disposizione, girovagavamo per la piazza del paese, coglievamo i fiori selvatici che spuntavano dai ruscelli e ci fermavamo nel minuscolo ufficio postale con le collezioni di giocattoli per bambini, cioccolatini e piccoli libri con titoli come: erdei gombák (ovvero, funghi selvatici). Nel frattempo, riempivamo il nostro cestino di mele cadute dai fossi e dai marciapiedi e di quelle che penzolavano dai lunghi rami degli alberi fuori dalle case fatiscenti e dimenticate.
Ci fermavamo al forno per un biscotto Linzer e una kakaó (cioccolata calda) per lui e un caffè per me, poi andavamo a prendere mia figlia e tornavamo subito a casa, dove mi mettevo al lavoro per sbucciare, tagliare e cuocere il nostro bottino. In quella stagione, preparai barattoli su barattoli di salsa di mele, oltre a tarte francesi alle mele, torte di mele a pezzettini, e un piccolo simbolo di casa: il budino di pane alle mele. Sapeva di tutto ciò che era vecchio e nuovo, dell'Ungheria e della mia infanzia, di tutta la mia intraprendenza acquisita e della promessa di conforto in un mondo in cui la lingua, le regole e il galateo dei frutti raccolti e caduti erano per me un mistero.
Quando il timer suonava, segnalando che la mia ultima prelibatezza era pronta per essere assaggiata, spalancavo la nuova porta (nata lì dove prima c’era una finestra) che conduceva a ettari e ettari di foresta e campi, all'odore della nebbia che scendeva, al miagolio del nostro piccolo gattino adottato, al tamburellare delle gambe di mio figlio contro i gradini di legno—un rimpiazzo per i gradini di pietra per i quali stiamo ancora risparmiando—mentre mangiava una ciotola di morbido budino di pane.
All'imbrunire, le campane suonavano di nuovo, segnalando il calar della notte, e ci chiamavano a letto, soddisfatti, fino a quando tutto sarebbe ricominciato.
RICETTA - APPLE BREAD PUDDING, budino di pane alle mele
Ricetta di Sarah Copeland, autrice di Edible Living, Every Day is Saturday e the Newlywed Cookbook
In Ungheria, il budino di pane viene solitamente servito come piatto salato (come il French Toast), una mossa intelligente per salvare quei pezzi di pane ormai vecchi che rimangono ad ogni pasto. Io ho dato il mio tocco americano a questo piatto, creando il classico budino di pane tiepido e dolce con un mix di mele asprigne e più dolci. Mi piace usare un mix di pane avanzato per questo piatto: la varietà di consistenze lo fa assomigliare all'autentico cibo contadino, con alcuni pezzi morbidi in cui il pane di patate ha assorbito tutta la crema pasticciera e alcuni pezzi più duri del pane integrale che spesso accompagna la zuppa a mezzogiorno. Se preferite una consistenza tenera, da french-toast, per il vostro budino di pane, usate solo challah o brioche.
Per 6-8 persone
Per il bread pudding
2 cucchiai di burro non salato più altro burro morbido per ungere la teglia
1 o 2 mele verdi sode e croccanti come Crispin, Ginger gold o Granny Smith
2 mele da forno sode e mature, come Empire, Cortland e Jonagold (o Golden Delicious da noi)
½ pagnotta di pane avanzato— pane di patate, challah, brioche, pane contadino o un mix (vedi le note)—tagliata a cubetti di 5 cm (circa 5-6 cup)
2 cup di latte intero
1 cup panna
1 cup di metà latte
4 uova, sbattute
80 grammi di zucchero grezzo
2 cucchiaini di estratto di vaniglia
Un pizzico di sale
Per finire
1 cucchiaio di zucchero grezzo
1 cucchiaino di cannella
Imburrare una casseruola (28cm x 12cm) con burro morbido. Sbucciate e private del torsolo le mele, quindi tagliatele a strisce sottili o a cubetti di circa mezzo centimetro ciascuno. Disporre i cubetti di pane e le mele nella casseruola.
Sbattete insieme il latte, la panna, le uova, lo zucchero, la vaniglia e il sale, aggiungendo le spezie se desiderate (vedi le note sotto). Versare il tutto sul composto di pane, premere e mettere da parte per far assorbire al pane la miscela di latte per circa 1 ora.
Preriscaldare il forno a 180°C. Cospargere la superficie con lo zucchero alla cannella. Cuocete in forno fino a quando la crema è pronta, soda ma ancora tremolante e i bordi del pane sono diventati tostati e dorati, circa 30-40 minuti. Servire tiepida o a temperatura ambiente.
NOTE:
L'aggiunta di ¼ di cucchiaino di zenzero o cardamomo macinato, o di entrambi, aumenterà l'atmosfera di spezie autunnali di questo budino di pane, ma non è necessaria. Le mele più saporite conferiranno molto sapore, ma se utilizzate mele comuni del supermercato, aggiungete le spezie.
Grazie, bellissimi amici. Sono così grato di poter condividere la mia storia con i tuoi devoti lettori e amici. E sono così fiduciosa che la prossima volta che comunicheremo sarà di persona, davanti a un bel piatto di gnudi e una torta di mele. (with help from Google!) xx
Che regalo meraviglioso che ci hai fatto Giulia! Sarah Copeland ha davvero il dono di trasportarti con le immagini che crea nei suoi ricordi e nella sua vita. Questo racconto è stupendo.