La dispensa degli altri. Q&A con Manuela Conti
Una panificatrice, e una mamma metà cuoca e metà contadina | Una dispensa sostenibile e brianzola | Il nuovo libro di Manuela | La ricetta per il pan de mej
Dopo la pausa estiva, torna la rubrica Le dispende degli altri, una serie di interviste con un focus sulle dispense come modo privilegiato per entrare nella vita delle persone, negli stili di cucina e nelle loro ricette preferite. È anche un’occasione per me per fare due chiacchiere con professioniste che stimo, con amiche che hanno condiviso con me una parte importante del percorso di crescita personale e professionale.
Oggi scambiamo quattro chiacchiere con Manuela Conti. Anche se già ci conoscevamo on line, io e Manuela ci siamo incontrate dal vivo nel 2016 quando ha partecipato al nostro primo Three Acres Creative Gathering. Da lì, siamo diventate buone amiche. Manuela ha toccati con la sua emozione e con il suo amore per il pane. Ci ha insegnato come avvicinarci alla panificazione fatta con lievito madre. Non si tratta di farine e tecniche, con lei è tutto coinvolto: cuore, anima, dedizione.
Da allora ho seguito il suo percorso con grande ammirazione: i corsi di panificazione, il suo primo libro, gli anni passati a cucinare in un agriturismo. Non vedevo l’ora di intervistarla per questa rubrica, curiosa di sapere di più del suo modo di concepire la dispensa e dei progetti che aveva in cantiere.
Trovi Manuela su Instagram: @conlemaninpasta e sul suo blog, dove ci sono tutte le sue ricette: Con le mani in pasta
Parte della nostra conversazione è dietro paywall, e lì gli abbonati troveranno la ricetta di Manuela per fare il suo pan de mej, un biscotto a base di farina di mais e fiori di sambuco essiccati, immancabile nella sua dispensa.
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Ciao Manuela, ci racconti brevemente chi sei e cosa fai?
Ciao! Mi chiamo Manuela, vivo in provincia di Lecco con la mia famiglia - marito, figli, cane, gatti e galline - in una cascina all’interno del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone.
Casa è anche il posto dove lavoro: qui abbiamo avviato la nostra piccola azienda agricola e insieme a mio marito mi occupo sia di crescere, che di trasformare i nostri prodotti.
Oltre a questo scrivo libri di cucina, panifico e organizzo corsi di panificazione da ormai quasi dieci anni.
Tra non molto mi dedicherò ancora di più al pane e alla sua produzione: sto per aprire una micro bakery tutta mia che finalmente mi permetterà di vendere i miei prodotti. Dita incrociate!
Qual è la tua relazione con la dispensa? E qual è stato il ruolo nella dispensa nella tua famiglia?
La dispensa è lo specchio di quello che sono e del mio percorso di studi (ho una laurea in Scienze Ambientali), c’è una sorta di attaccamento affettivo, dato dal fatto che dedico molto del mio tempo ad autoprodurre e spesso è causa delle nostre lotte interne: ognuno di noi si rispecchia in quello che mangia e in famiglia questo aspetto esce quotidianamente.
La scelta del menù del giorno ci porta spesso a osservare i ripiani della dispensa e quello che abbiamo e ci troviamo spesso a intavolare discussioni sul cibo: ho tre figli quasi tutti adolescenti e la dispensa per me è uno dei filtri attraverso cui far passare un certo tipo di educazione.
Per citare Wendell Berry “mangiare è un atto agricolo” e nella dispensa questo pensiero per me diventa concreto: credo sia fondamentale essere consapevoli del percorso che fa il nostro cibo.
Sei nata e cresciuta tra le colline della Brianza. Come descriveresti la tua terra e la sua cucina?
La Brianza è un territorio strano, diviso tra i rari angoli incontaminati e la modernità che ne ha divorato la sua antica bellezza e la vocazione agricola.
A tratti può apparire inospitale, poco accogliente, ma non è così come si presenta: a volte penso sia solo vittima del senso del dovere e del dover fare, ma conserva alcuni aspetti ancora capaci di far innamorare e che mi fanno sentire a casa.
La sua tradizione gastronomica è un po’ lo specchio di questa ambivalenza: la cucina delle cascine è una cucina di poche parole, che deve garantire energia e vigore e non si perde in grandi abbellimenti, quella delle osterie invece racconta la Brianza dei giorni di festa e la voglia di convivialità della sua gente.
Quali sono gli ingredienti che caratterizzano una dispensa brianzola?
La dispensa brianzola è piuttosto semplice, ma ci sono alcuni ingredienti che non possono proprio mancare: il mais, il latte, le uova, le erbe e gli ortaggi, retaggio storico della vita contadina di un tempo.
Nei giorni di festa la dispensa e la tavola si arricchiscono di pasta fresca e risotti, ma anche delle carni di maiale e degli animali da cortile.
È una dispensa che affonda le radici nella terra.
Accanto a questi, qual è l’ingrediente che proprio non può mai mancare nella tua dispensa?
Indubbiamente le farine, per i lievitati, ma anche per creare dolci o basi per torte salate o una pasta fresca.
Mi piace selezionare mulini che lavorano in modo sostenibile e che producono grani sia moderni che antichi, ma che fanno questo lavoro con consapevolezza.
Per ogni prodotto che finisce in dispensa la chiave è sempre la stessa: la ricerca della sostenibilità.
Sul tuo blog ti definisci una mamma metà cuoca e metà contadina. Che ruolo ha l’orto nel rifornimento della tua dispensa?
La mia è una dispensa stagionale, cambia di continuo e racconta bene i diversi periodi: quanto un’annata sia stata generosa, o quanto poco tempo abbiamo avuto per dedicarci alla terra.
L’orto è il filo conduttore che si lega alla cucina e dà vita alla nostra dispensa: senza (è capitato) mi sono sentita persa, come se non sapessi più realmente chi fossi.
Non si tratta solo di sapori, ma di vita vissuta, di ricordi, di consapevolezza.
In casa teniamo in dispensa solo una parte di quello che autoproduciamo, mentre il resto rimane nel locale del fienile che usiamo come deposito. Mi basta passare uno sguardo veloce sullo scaffale e vederlo colmo di vasi per provare un vero e proprio senso di benessere!
In famiglia siete in cinque, tu e tuo marito e tre bambini, ora ragazzi. La dispensa come rispecchia le necessità e i gusti di tutti i membri della famiglia?
La nostra dispensa è una lotta aperta: quando erano bambini i miei figli si lasciavano guidare senza troppo battere ciglio.
Loro chiedevano e se da parte mia la risposta era un no, era sufficiente dare una spiegazione, il perché di certe scelte e loro lo accettavano.
Ora è più complicato, credo che nel cibo ci sia la ricerca di affermazione di un’identità che si sta formando…diciamo che è faticoso a volte, ma cerchiamo sempre di trovare un punto di equilibrio.
Qual è la tua ricetta preferita da fare con ingredienti da dispensa?
A costo di diventare ripetitiva devo dire ancora il pane e i lievitati più in generale.
Non si tratta di un esercizio di stile: negli anni mi è capitato spesso di sfornare pani pieni di errori dal punto di vista tecnico, eppure la sinergia che si crea con gli impasti raramente l’ho provata nella preparazione di altre ricette.
Ti sei occupata per alcuni anni della cucina di un agriturismo. In quel caso, che ruolo aveva la dispensa?
Sì, quasi quattro anni fa mi sono avventurata in questa esperienza lavorativa che ha coinvolto tutta la famiglia.
La dispensa in questo caso è stata ancor più determinante, “fare scorta” durante le stagioni non è solo una scelta, ma anche una necessità se si vuole offrire un certo tipo di esperienza a tavola.
È stato utile e stimolante scoprire nuovi modi per conservare o trasformare gli ingredienti.
Sta per uscire un nuovo libro, che ha molto a che fare con la dispensa. Ci racconti qualcosa?
Ebbene sì, dal 7 ottobre sarà in libreria il mio nuovo libro, Fino all’ultima briciola, un ricettario completo per riutilizzare il pane vecchio.
Il pane è un alimento fondamentale della nostra dispensa e merita di essere valorizzato… fino all’ultima briciola Non posso svelarvi molto, ma a breve potrete sfogliarlo dal vivo!
Ho iniziato a panificare dieci anni fa, con risultati molto altalenanti: una pagnotta riuscita ne prevedeva almeno due sbagliate. Il risultato non sempre combaciava con le mie aspettative, ma lentamente mi stavo affezionando e abituando all'idea di un pane diverso, che durava nel tempo. Le ore e la fatica spese per sfornarlo mi hanno inconsapovelmente riportata a dare il giusto valore a questo alimento.
Nel nuovo libro in qualche modo cerco di raccontare questo percorso: un cambio di prospettiva che - come spesso accade - si rivela una grande opportunità, questa volta a tavola.
Puoi preordinare il libro di Manuela qui, sul sito di Guido Tommasi, dove puoi anche richiedere anche una dedica personale!
Ultima domanda, ci racconti una ricetta per fare qualcosa da tenere in dispensa?
Assolutamente! Vi lascio la ricetta di un biscotto della nostra tradizione, il pan de mej, un biscotto a base di farina di mais e fiori di sambuco essiccati.
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