La dispensa degli altri. Q&A con Rossella Venezia
Una food photographer che fa pane e ama le mandorle, il miele, la farina, e i biscotti | Una dispensa tra Marche, Roma e Basilicata, con una forte influenza francese
Torna la rubrica Le dispende degli altri, una serie di interviste con un focus sulle dispense come modo privilegiato per entrare nella vita delle persone, negli stili di cucina e nelle loro ricette preferite. È anche un’occasione per me per fare due chiacchiere con professioniste che stimo, con amiche che hanno condiviso con me una parte importante del percorso di crescita personale e professionale.
Oggi c’è un ospite speciale, una donna esplosiva, appassionata, una fotografa eccezionale - una delle migliori che abbiamo in Italia a mio parere -, e una delle prime amiche di blog, con la quale condivido anche parte delle mie origini (anche la sua famiglia è di Melfi, Basilicata).
Oggi scambiamo quattro chiacchiere con Rossella Venezia.
Trovi Rossella su Instagram: @vanigliacooking e sul suo blog, dove ci sono tutte le sue ricette: Vaniglia Storie di Cucina
Parte della nostra conversazione è dietro paywall, e lì gli abbonati troveranno la ricetta di Rossella per fare la sua granola al cioccolato, immancabile nella sua dispensa.
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Ciao Rossella, ci racconti brevemente chi sei e cosa fai?
Mi chiamo Rossella e mi occupo di ricette, di foto e di racconti che gravitano intorno alla cucina, come specchio del territorio, della sua storia, e di luoghi fisici e dell’anima. Sono anche un architetto, con tutte le mille sfaccettature che spesso questa professione porta con sé: nel mio caso specifico sono appassionata di paesaggio e ambiente, di interior design e di piante, e di gomitoli e sferruzzamenti vari a maglia e uncinetto.
Ma la parte principale del mio lavoro è cucinare e fare foto.
Qual è la tua relazione con la dispensa? E qual è stato il ruolo della dispensa nella tua famiglia?
La mia relazione con la dispensa è moooolto complicata! Spesso il mio lavoro prevede che oltre a fotografare io sviluppi le ricette e prepari i piatti protagonisti delle mie foto, quindi questo richiede una dispensa abbastanza ampia, come spazio e come varietà. Per dispensa io intendo quello che di default deve essere presente in casa, dalla farina, alla pasta, alle conserve.
Mi viene un po’ da ridere perchè la mia dispensa è caotica e diciamo organizzata al tempo stesso. Ed è sostanzialmente dislocata in due diverse parti della casa.
Ci sono quelle cose che devono assolutamente essere distanti da me mentre cucino non più della lunghezza del mio braccio, perchè nonostante io pensi alle ricette prima di eseguirle è nel momento stesso che mi metto ai fornelli che partono davvero le idee, e in sostanza rivoluziono tutto, quindi devo avere determinate cose molto a portata di mano in questi momenti: sicuramente olio d’oliva, anche più di un tipo (uno deciso, magari monovarietale, ed uno più delicato, più uno al peperoncino, che confesso è un mio debole), un olio specifico per frittura e un olio di semi, poi la Sapa, mosto cotto tipico della mia regione, le Marche, ma anche della vicina Romagna con cui condividiamo e ci contendiamo un sacco di ricette, un paio di aceti balsamici (più o meno “giovane”), peperoncino intero essiccato oppure già tritato, vari tipi di sale (grosso, fino, integrale, rosa, in fiocchi), tutti e dico tutti i tipi di spezie, poi semini di ogni tipo, origano e alloro essiccati, un paio di salse tipo la worchester e il tabasco, aceto e compagnia bella. Poi lo zucchero, tre tipi di base, ovvero il classicissimo semolato bianco, uno zucchero di canna in cristalli e uno integrale. Anzi no, che dico, quattro! C’è (quasi) sempre anche la cassonade, uno zucchero ottenuto direttamente dal succo della canna da zucchero, raffinato una sola volta, e molto diffuso in Belgio e nel Nord della Francia.
La parte del leone la fa il miele, di tantissimi tipi perché il mio compagno Giorgio è apicoltore e fa nomadismo, ovvero porta le sue api sui campi di fiori specifici in specifici periodi di fioritura e così produce mieli monofloreali (acacia, castagno, arancio, tiglio i più comuni, stachys, colza, tarassaco, girasole, edera gli altri). A “tiro di schioppo”, quindi come dicevamo in cucina, abbiamo poi anche tutti i “basici della pasticceria”: lievito in polvere, cacao, zucchero a velo e tutta la frutta secca, più un due-tre farine basiche, ovvero per me la integrale, la farina di forza e una a rotazione in base al mio mood del periodo (tipo 1 o semola, 00 o senza glutine, avena o farro).
Nella “dispensa-distante” invece, ovvero quella che ha una stanza dedicata, ci sono gli “interi di quello che è aperto in cucina”, o riserve che dir si voglia: i mieli, gli aceti invecchiati, l’olio, i succhi, le bevande vegetali sostitutivi del latte (quello vaccino lo consumiamo fresco intero, quindi solo frigo), le mie amate confetture (fatte da me oppure quelle che vado scovando in giro nei viaggi), fette biscottate del cuore, qualche raro biscotto artigianale (la produzione dolciaria è per forza di cose nostrana a casa), colatura di alici e conserve di pomodoro o qualche altro barattolo.
Poi ci sono vari tipi di pasta, per lo più artigianale o prodotta nelle Marche e tre cesti che contengono “i complementari della pasticceria”, funzionali per lo più ai servizi fotografici per le riviste di cucina o qualche altro progetto specifico: uno tutta frutta secca, uno tutto cioccolato, cacao, grué, uno tutto zuccheri, zuccherini, meringhe e meringhette varie….
Un posto d’onore lo hanno le farine, il mio ingrediente del cuore (a volte mi domando se non sia io stessa un po’ fatta di farina ;)). Ben due (e rotti) ripiani.
Il primo è quello delle farine di grano tenero: dalla più raffinata alle integrali, fino ai preparati e le speciali, finendo con semola e tipo Manitoba. Questa successione mi permette di entrare come una furia in preda a qualche raptus o ispirazione culinaria ed afferrare il pacco in questione in un attimo, o anche verificare al volo quale tipologia di farina sta finendo per riassortire.
Nel piano superiore tutte le farine “speciali”, tipo grano saraceno, avena, farro, kamut, enkir, riso, mais, teff e sorgo e poi tutte le altre specifiche senza glutine, come le termotrattate, oppure le farine di frutta secca, come mandorle o nocciole, oppure di legumi o di castagne… fino alla farina di lino. Lì in zona ci sono anche il malto d’orzo, la gomma di guar, lo xantano e le altre diavolerie del genere ;)
Per quanto riguarda la mia famiglia, non so dirti esattamente qual’è stato il ruolo della dispensa, ma so dirti come il rapporto della mia famiglia con la dispensa ha influenzato il mio modo di pensare il “mio” cibo e parte di quello che sviluppo per terzi: il recupero, il rispetto per il cibo, l’inventiva per evitare gli sprechi in cucina hanno sempre contraddistinto la cucina di casa, da generazioni ormai, e influenzato il mio modo di guardare il cibo e di pensare le ricette.
Tu sei una fotografa di cibo, come ha influenzato il tuo rapporto con la dispensa?
Sì, il mio lavoro ha influenzato il mio rapporto con la dispensa: c’è come un “doppio binario nella mia dispensa”. Ci piace mangiare prodotti del territorio o quelli che conosciamo viaggiando, oppure ingredienti da dispensa preparati da me, ma i ritmi a cui produco ricette per il mio lavoro non ne renderebbe sempre sostenibile l’utilizzo in cucina, quindi mi appoggio a ingredienti anche più commerciali, di cui però “mi fido”, considerando che, dato che la gestione delle quantità è davvero complessa per un nucleo familiare di due persone, e che la distribuzione ad amici e parenti è ampiamente praticata, cerchiamo di non sprecare nulla del cibo che cucino.
Nonostante dunque le quantità di piatti davvero sfinente che viaggiano per casa il rispetto per il cibo è rimasto altissimo, anche fin dalla dispensa, anche se ci sono diversi livelli di qualità e filiera in questa stessa.
Hai origini lucane, sei marchigiana e adesso vivi nelle Marche, ma hai vissuto per tanti anni a Roma. Come si incontrano queste tre regioni nella tua dispensa?
Dunque, se volessi fare il gioco degli ingredienti delle mie tre regioni del cuore che si incontrano nella mia dispensa ti direi: peperoncino e caciocavallo per la Basilicata (il caciocavallo a casa dei miei nonni si conservava in cantina, a coppie legate, appunto, a cavallo di un asse di legno); i mieli di Giorgio e il pesto di Paccasassi per le Marche (i paccasassi sono il nome dialettale del finocchio marino selvatico, un’erba spontanea che cresce a picco sul mare, nel Conero); pecorino (di Picinisco, la scoperta a Roma anni fa è stata per me una folgorazione) e olive di Gaeta per Roma e il Lazio. Aggiungo il mio quarto posto fisico e dell’anima: la Francia, presente attraverso la mia onnipresente confiserie fatta in casa e non, e l’amore per il pane e affini.
Quali sono gli ingredienti fondamentali della cucina marchigiana?
Uhm…. Strutto? ;-P Sì, sicuramente il maiale in tutte le sue parti. Parlo dell’entroterra, perchè le Marche da costa a interno variano di parecchio eh? Poi ti direi la farina di granturco, e alcune verdure di campo.
Qual è l’ingrediente che non può mai mancare nella tua dispensa?
Il burro, il latte, il pane.
Siccome sono tutti e tre freschi, e se vogliamo parlare di dispensa tout court, aggiungo le conserve di frutta, le confetture.
La conserva sia dolce che salata, fatta in casa, per me è il fulcro della dispensa. L’eterno sforzo dell’uomo che nel susseguirsi delle stagioni cerca di “rubare” l’essenza di un frutto, di un sapore, di una condizione atmosferica stessa e imprigionarlo in un barattolo, per tenerlo con sé quando la natura, perchè a riposo o in un altro ciclo, non può fornirlo fresco….
Qual è la tua ricetta preferita da fare con ingredienti da dispensa?
Il pane!
Adesso divaghiamo un po’, ma forse nemmeno troppo. Ci racconti anche dei tuoi libri? Le mandorle, i biscotti… sembra a me, o la dispensa torna anche qui?
Oh, ti giuro che questa non l’avevo letta quando ho scritto le altre, vado a braccio come un’intervista vocale eh? ;)
Assolutamente sì. La dispensa torna (come ti dicevo prima frutta secca disseminata in varie location della casa, i biscotti pochi e solo artigianali perchè sull’argomento amiamo la produzione casalinga o casereccia ;)), ma forse alcuni miei libri hanno a loro volta, nel tempo, influenzato la dispensa.
Le mandorle, per esempio. Acquistare le mandorle direttamente dalla valle di Noto è diventata per me un’abitudine da mantenere, scoprire la differenza di sapore tra le diverse cultivar nostrane e tra loro e quelle importate, capire l’impatto che un consumo di ingredienti del territorio può avere sul nostro territorio, in positivo, oltre che sulla nostra economia, ma anche sulle forme stesse del paesaggio agrario, ha cambiato la mia dispensa!
Tocchiamo anche l’argomento panificazione: una buona dispensa di farine aiuta?
Direi di sì, decisamente. Aiuta sai cosa? Conoscere le proprie farine, usarle rispettando le loro caratteristiche, sapere cosa stai andando a chiedere loro, valorizzarle. Poi certo aiutano molto anche il lievito e il forno ;) E l’istinto. Io sono una grande fautrice dell’istinto in cucina.
Ultima domanda, ci racconti una ricetta per fare qualcosa da tenere in dispensa?
Ma sììììììì!
Ti racconto la ricetta di uno degli elementi quasi sempre presenti nella mia dispensa ma in questo preciso momento no, perchè la faccio 2-3 volte l’anno e in quantitativi industriali, solo che ahimè per quanta ne prepari finisce sempre troppo presto: la granola!
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